Ricevo e volentieri pubblico una lettera aperta, importantissima in un momento storico come questo. Ma prima, vorrei fare le mie considerazioni.
Debole con i forti, forte con i deboli: questo potrebbe essere il motto del sindaco Alemanno, che usa il pugno di ferro con i Rom mentre si inchina fino a toccare terra con la fronte davanti ai palazzinari ed alle multinazionali, cui sta regalando la gestione dell’acqua, il bene pubblico per eccellenza.
Con Alemanno, la gestione della presenza dei Rom nella capitale ha toccato il punto più basso, anche se il problema non nasce oggi. Pochi sanno quanti siano i Rom stabilmente stanziati in città: il loro numero supera di poco le 6000 unità, vale a dire lo 0,02% della popolazione. E in tanti anni, nessuno ha saputo o voluto affrontare seriamente il problema dell’integrazione di poche migliaia di persone, salvo spendere cifre incredibili per finanziare – attraverso progetti balordi – associazioni e cooperative “amiche”. Perchè, tanto per fare un esempio, il sindaco Alemanno (come i suoi predecessori) non rende noto il numero reale dei bambini rom in età scolare che frequentano la scuola? E, già che ci siamo, perchè non ci dice quanto costa ogni anno il relativo appalto per la scolarizzazione affidato ad associazioni e cooperative?
Chiunque lavori nella scuola, sa benissimo che nemmeno un bambino rom su quattro, fra quelli per cui il Comune paga per mandarli a scuola, frequenta davvero le lezioni, e questa storia va avanti ormai da quasi quindici anni. Il guaio è che questa storia fa comodo ad un sacco di gente: al Comune, che può vantarsi di lavorare per l’integrazione; alle associazioni e cooperative che ricevono i finanziamenti per portare a scuola cento bambini e ce ne portano (quando va bene) venticinque; alle scuole, che, grazie a queste iscrizioni fittizie, possono formare classi in più.
Anche quando si tratta di bocciare un progetto serio, sono tutti d’accordo: chi si ricorda del progetto regionale per realizzare un villaggio rom al posto del campo di Via dei Gordiani? E’ storia del 1996, quando il Presidente della Regione era Piero Badaloni. Un progetto all’avanguardia (per l’Italia, perchè in Europa era già all’epoca una realtà in molti Paesi), che avrebbe consentito di risolvere il problema della residenzialità nel rispetto delle tradizioni di quel popolo, facilitando enormemente l’integrazione degli adulti e dei bambini, nonchè il lavoro degli operatori sociali e dei vigili addetti all’assistenza emarginati. Nonostante fosse già pronto il finanziamento per realizzarlo, il progetto venne silenziosamente accantonato, per paura delle proteste della destra. Risultato: a quasi quindici anni di distanza, siamo ancora al punto di partenza, con i Rom costretti a vivere in campi indecenti, con un livello di integrazione pari a zero e a completa disposizione di qualunque demagogo pronto a gridare all’emergenza criminalità. Perchè è molto più facile fare la voce grossa con chi non conta nulla, piuttosto che con chi si spartisce la città come una torta.
Lettera aperta dei Rom del villaggio attrezzato di Tor de Cenci
Siamo persone Rom, bosniaci, macedoni e montenegrini, e alcuni dei nostri figli hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Abitiamo dal 1995 nel villaggio di Tor de Cenci, da quando il sindaco Rutelli ci trasferì assegnandoci un container a famiglia.
Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo con i cittadini di Tor de Cenci e Spinaceto, anzi, la nostra integrazione è dimostrata dalla partecipazione nel locale comitato di quartiere e dalle frequenze regolari nelle numerose scuole dove i nostri figli sono iscritti.
Dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni cittadine preposte l’attuale sindaco Alemanno ci impone di trasferirci nel grande campo, che già ospita 800 nostri fratelli, di Castel Romano.
Perchè?
Sappiamo che l’assessora Belviso aveva promesso in campagna elettorale ai cittadini italiani il nostro trasferimento, ottenendo qualche voto in più.
Sappiamo che su di noi si giocano interessi politici che fanno leva su pregiudizi e stereotipi alimentando paure e razzismi vergognosi.
Siamo uomini e donne alla ricerca di dignità e rispetto come tutti voi.
Come mai, con le note difficoltà di sistemarci in aree attrezzate difficili da trovare, si vuole smantellare Tor de Cenci, che a differenza di Casilino 900, è un campo attrezzato costato ai cittadini italiani milioni di euro, per aggravare la situazione trasferendoci in un campo già grande e disagiato al di fuori di qualsiasi contesto urbano? A chi conviene?
Chiediamo alle autorità preposte di ripensarci.
Nel 2009 abbiamo subito quattro censimenti da parte di polizia, carabinieri, croce rossa e vigili urbani, ora il prefetto vuole ripetere un altro censimento per scegliere chi è buono e chi cattivo.
Siamo stanchi di subire, ci opporremo con tutte le forze che abbiamo a fianco di chiunque vogliaDIFENDERE LA DIGNITA’ DEI ROM PER DIFENDERE UN PO’ DELLA PROPRIA.
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI ROM
Comunità Rom di Tor de Cenci
Non solo zingari…De Andrè…insegna come al solito…che…”dal letame nascono i fior!”
http://www.youtube.com/watch?v=YqlGwCgFbtk
Serenetta come è difficile cercare di stare dalla parte degli “ultimi”, ultimi in ogni senso. Nessuno vuole bene agli zingari (ricordiamoci che tutti li chiamano così in assenza di microfoni) se qualcuno se ne occupa molto probabilmente è percè così può gestire fondi, conquistare voti, insomma ricavarne un tornaconto personale.
la campagna elettorale è cominciata e con essa lo sgombero dei campi Rom … In realtà ad alcune forze politiche è rimasto solo questo da fare, abbiamo visto che fine a fattto il piano per la sicurazza e non parliamo neanche della fine della crisi economica.
Dalla parte della mia esperienza personale posso dire di aver visto la pediatra della mie bambine (SSN) rifiutarsi di rilasciare un certificato di malattia ad un genitore di un bimbo rom in età scolare. Il padre del bimbo si era recato da solo presso lo studio medico e, giustamente , la dottoressa si è rifiutata di certificare il proseguimento della malattia del bimbo senza averlo visitato. Ha cercato di spiegare a quel genitore che il bimbo, se stava bene, doveva andare a scuola per imparare cose nuove, per integrarsi, perchè è giusto così, i bambini devono andare a scuola.
Non so dire con quanto garbo la dottoressa ha parlato a quel genitore, nè so dire se quel padre fosse in buona fede o se usasse (come spesso si dice) il suo bambino per andare in giro a chiedere l’elemosina. Quello che so è che la dottoressa ha fatto la sua parte di quello che tutte le istituzione avrebbero dovuto fare. Di più non poteva fare, e per competenza e perchè stava lottando, come un leone, contro un tumore che, pochi mesi dopo, ha avuto la meglio su di lei. Era sotto chemioterapia, ma ha cercato ugualmente di far capire quanto fosse importante per un bambino, per qualsiasi bambino, andare a scuola.
Dove erano la scuola di quel bambino, i servizi sociali, e tutti queli organismi preposti a controllare che vi siano, realmente, comportamenti finalizzati a facilitare l’integrazione?
Ogni volta che ti leggo vorreri ribare la mia solidarità con il tuo pensiero, a volte no lo faccio perchè è talmente scontato condividere le tue opinioni che mi sembra inuitli. Questa volta no, visto che parliamo di “zingari” è giusto che tu sappia che , con tutte le difficoltà del caso, io sono con te, senza condizioni, anche stavolta.